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giovedì, 26 Giugno 2025
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“Libertà” dietro le sbarre: il murale da Guinness che trasforma il carcere

di Paola Ciniglio-

 Un carcere che ha fatto il giro del mondo per la violenza. Un artista che ha scelto di restarci dentro 50 giorni e 50 notti, per trasformarne le mura in un inno alla libertà.

È successo a Santa Maria Capua Vetere, dove oggi si può dire: è qui il murale più grande al mondo mai realizzato da un singolo artista.

Ma la vera notizia è che questo record non è solo grande, è anche giusto.

Il 6 aprile 2020 le immagini delle violenze sui detenuti della Casa Circondariale “Francesco Uccella” scuotono l’opinione pubblica: manganelli, umiliazioni, sangue. Un carcere che sembrava irrimediabilmente condannato a essere simbolo del peggio.

Oggi, su quelle stesse mura, brillano i colori caldi del Sud: il blu del mare di Capri, il giallo della Costiera amalfitana, il rosa dei fiori di primavera. Una mano dopo l’altra, una pennellata dopo l’altra, quelle pareti sono diventate tela. E memoria. E speranza.

Alessandro Ciambrone, architetto e muralista di Castel Volturno, ha firmato l’impresa: 5.441,93 metri quadrati di arte ininterrotta, riconosciuti ufficialmente dal Guinness World Records come il più esteso murale mai realizzato da un singolo artista. Titolo dell’opera: “Libertà”.

Un nome che è tutto un programma, specie in un luogo dove la libertà è sospesa, rimandata, attesa.

Ma il record, da solo, non dice abbastanza. Perché questa non è solo una storia di arte: è una storia di restituzione.

Ciambrone lo dice chiaro: ha vissuto 50 giorni di “reclusione volontaria”, dormendo nel carcere, entrando e uscendo ogni mattina tra i controlli. Ha dedicato l’opera al Papa, ma anche al padre — Francesco, di nome e di esempio, come lo definisce lui — che gli ha insegnato a crederci sempre, a non mollare mai.

Non era solo. Al suo fianco la direttrice della casa circondariale Donatella Rotundo, che ha creduto nel progetto e lo ha sostenuto con determinazione, anche contro ogni pronostico. «Tre anni fa non lo avrei mai sperato», ha dichiarato. Con lei, imprenditori, agenti della polizia penitenziaria, detenuti impegnati in altri progetti artistici. Tutti parte dello stesso sogno.

Tra i sostenitori, un gruppo di mecenati moderni: aziende, fondazioni, privati che hanno finanziato colori, materiali, logistica.

E nel giorno della proclamazione ufficiale del record, oltre 200 studenti di cinque scuole campane erano lì. Le orchestre hanno suonato l’inno nazionale sotto il sole cocente. L’emozione è palpabile e visibile sul volto dell’artista, che ha ricevuto il certificato da Lorenzo Veltri, commissario del Guinness e uomo profondamente legato alla Campania.

Ma il “muro della Libertà” non si ferma qui. È già diventato documentario con la regia di Giuseppe Alessio Nuzzo, sarà presentato in rassegne cinematografiche e continuerà a generare arte anche altrove: come il murale in costruzione all’interno del canile penitenziario, dipinto e firmato dai detenuti. Oppure come il ristorante in carcere, nato da un bando nazionale di architettura, che presto aprirà al pubblico.

Cosa significa allora questo murale? Significa che la bellezza può entrare anche dove sembra impossibile. Che l’arte può rompere i muri senza abbatterli, e che anche in carcere si può cominciare col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile, e all’improvviso, fare l’impossibile — come diceva San Francesco, oggi inciso sul cemento.

E se oggi Santa Maria Capua Vetere torna a fare notizia, non è per un abuso, ma per un’opera di riscatto collettivo. Un record che libera, prima ancora che stupire.

 

immagine fornita dall’artista

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