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martedì, 15 Ottobre 2024
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Agrifood Future 2024, dai territori e dalle comunità per innovare le tradizioni. Intervista ad Alex Giordano, direttore scientifico

di Maria Gabriella Alfano-

Da Salerno la sperimentazione per  la trasformazione tecnologica del sistema produttivo agroalimentare del Paese.

Intervista al Direttore Scientifico  Alex Giordano, docente di Marketing e Trasformazione Digitale 4.0 presso l’Università Federico II di Napoli.

Agrifood Future 2024 ha un approccio globale al tema dell’agroalimentare, ma vorrei  soffermarmi sul nostro Paese. L’Italia si distingue per produzioni di eccellenza come il vino, l’olio, gli agrumi, i cereali, gli ortaggi. Le coltivazioni agricole hanno dato vita nei secoli al nostro bellissimo paesaggio agrario , basti pensare a quelli della vite, degli ulivi, dei limoni. Non sempre l’impiego di nuove tecnologie (solare, eolico) e le coltivazioni in serra sono coerenti con la tutela del paesaggio e con l’uso sostenibile del suolo. E’ l’annoso conflitto tra la tutela dell’ambiente e quella del paesaggio. Come ne usciamo?

L’area del Mediterraneo è una delle più fragili e più esposte al cambiamento climatico e il nostro Paese Rischia di perdere molta della sua biodiversità che è alla base del successo delle produzioni agroalimentari italiane. L’approccio però è e deve essere globale perché non ci si salva da soli. L’innovazione ha bisogno di contaminazione, revisione e condivisione continua per essere utile ed efficace. AgriFood Future vuole essere un tassello di questo percorso di sperimentazione e di dialogo per trovare soluzioni sostenibili in grado di sfamare la popolazione mondiale, tutelare le produzioni tipiche e la redditività delle imprese. Questo si può fare utilizzando la tecnologia. Attenzione, non affidando tutto alla tecnologia, ma scegliendo le tecnologie migliori in grado di garantirci i risultati che vogliamo raggiungere. Ci deve essere innanzitutto un cambio di paradigma alla base, il sistema che distrugge e spreca va abbandonato e va sostenuto un sistema più virtuoso con tecnologie che possano esaltarlo.

A che punto siamo con la ricerca scientifica e tecnologica per individuare soluzioni capaci di mitigare gli impatti sul suolo e sul paesaggio?

Siamo in una fase di grandi transizioni. È impossibile immaginare che un’azione dell’uomo non abbia impatto sull’ecosistema. Ogni nostra azione, anche lo stesso respirare, la ha. L’energia è essenziale per sostenere le nostre attività. Non abbiamo ancora trovato l’alternativa al sistema fossile. Tutte le soluzioni che conosciamo oggi, non saranno quelle adottate in futuro. Siamo partiti da enormi calcolatori che utilizzavano delle schede perforate per effettuare le proprie, oggi le definiremmo elementari, operazioni e siamo arrivati allo smartphone e all’intelligenza artificiale. Sarà così anche per il modo in cui catturiamo, produciamo, stocchiamo e distribuiamo energia da fonti naturali.

 Come è riportato nel rapporto del Centro Studi Tagliacarne, Salerno ha il primato in ben 16 prodotti a marchi DOP e IGP in gran parte riconducibili al comparto ortofrutticolo e cerealicolo, ma con la presenza anche di altre tipologie di produzioni e lavorazioni di pesce, oli, formaggi, tra cui spiccano la mozzarella di bufala campana e altri prodotti ortofrutticoli. Salerno è la provincia italiana con il maggior numero di produzioni praticate esclusivamente nel suo territorio come il carciofo di Paestum, l’olio del Cilento, la colatura di alici di Cetara, l’olio delle Colline salernitane, il fico bianco del Cilento, il limone Costa d’Amalfi, i marroni di Roccadaspide, la nocciola di Giffoni, la rucola della Piana del Sele. Le comunità locali sono sufficientemente consapevoli del fatto che la qualità ambientale, quella  dell’acqua, del suolo e dell’aria,  è un importante punto di forza non solo per tutelare queste produzioni di eccellenza, ma anche  l’economia dell’intero settore agroalimentare?

Penso che le comunità locali siano informatissime su quanto sia importante per il loro benessere personale e per il futuro delle produzioni di eccellenza che l’ambiente circostante non sia contaminato. Del resto basta il sospetto, o la pubblicazione di una notizia che instilli il dubbio che un fiume, un campo o un pascolo utilizzato nella filiera produttiva di un prodotto sia inquinato per determinare l’insuccesso di quella produzione. Inoltre le produzioni tipiche sono indissolubilmente legate ai luoghi di produzione originari, altrimenti perderebbero la loro stessa ragione di esistere. Non possono delocalizzare la produzione e quindi devono necessariamente tutelare i luoghi in cui operano, senza sfruttarli eccessivamente per aumentare i numeri delle loro produzioni. Bisogna puntare sulla varietà e non sulla quantità. Su questo i produttori devono essere in grado di resistere alle sirene dei grandi mercati che gli chiedono sempre più produzione.

 Quali azioni si possono mettere in campo per superare il problema?

Non esiste una sola soluzione, ma una serie di soluzioni. Innanzitutto rispettare ed esaltare i volumi di produzione che il territorio può sopportare e per fare questo ci viene in aiuto la tecnologia. Il clima è cambiato, non possiamo più affidarci solo alle stagioni per produrre. Le variabili sono tante. Ecco che allora raccogliere e incrociare dati del suolo, del clima e dello stato di salute del prodotto in tutte le sue fasi (dal seme al frutto) e farli elaborare all’intelligenza artificiale, potrà consentirci di portare il nostro prodotto a maturazione, utilizzando solo le risorse necessarie a un suo sano e corretto sviluppo. Senza sprechi e senza gravare l’ambiente.

Il rapporto Agrifood 2023 afferma che per innovare il sistema del cibo è utile partire dai territori e dalle comunità locali che sono i luoghi ideali per le innovazioni e possono diventare dei veri laboratori di sperimentazione.

Lei è uno dei massimi esperti  di Social Innovation, Agritech e Digital Transformation applicata al settore agroalimentare e conosce tante realtà del Paese, comprese quelle della Campania.

A che punto siamo con l’innovazione?

L’automazione è stata completamente inserita all’interno dei processi produttivi delle aziende agricole. Anche la raccolta dei dati in campo è a buon punto, quasi tutti si sono dotati di centraline di monitoraggio IOT. Adesso si tratta di incrociare questi dati e farli elaborare a sistemi di intelligenza artificiale e utilizzare le soluzioni proposte.

Sta influendo il cambio generazionale e l’avvento dei nuovi “contadini” laureati?

Il cambio generazionale è stato indispensabile per far sì che avvenissero due cose. La prima, comprendere l’importanza dei dati. La seconda accettare il fatto che alcune considerazioni e pratiche che si basavano su un ritmo stagionale perduto andavano modificate. La presa di coscienza di un cambio di paradigma in atto e della nascita di sistemi che, a partire dai dati, sono in grado di proporre soluzioni tempestive al mutare delle condizioni di scenario, sta aiutando il sistema agricolo italiano a inserire nei propri processi produttivi pratiche innovative che possono aiutare a migliorare la filiera produttiva.

 E quale contributo può fornire l’Intelligenza Artificiale?

Il contributo dell’intelligenza artificiale alla nostra società sarà ampio e saremo sempre noi a scegliere tra le varie soluzioni possibili. L’intelligenza artificiale, nel caso specifico delle produzioni agroalimentari, può fare in modo, una volta che le vengono fornite tutte le informazioni necessarie, di ridurre quasi a zero gli sprechi, ma volendo si potrebbe anche arrivare a zero, ottimizzando tutti i processi. Ogni singola fase della produzione può essere monitorata, ogni singolo prodotto seguito dalla sua nascita, sino all’immissione sui mercati,  facendo in modo che riceva tutto il necessario per crescere in maniera sana, senza ricevere troppo o troppo poco in termini di risorse (suolo e acqua) e fitofarmaci. Una cura e un’attenzione che non potremmo mai raggiungere applicando i metodi tradizionali. Nel corso di AgriFood Future abbiamo la presenza di Google e del suo progetto AI per il Made in Italy. Un padiglione con alcuni esempi di applicazioni di IA per il settore agroalimentare, dove le aziende che si sono prenotate riceveranno consulenze personalizzate. Perché ogni azienda ha le sue specifiche esigenze e la grande forza dell’IA è quella di potersi adattare alle esigenze particolari di ogni tipo di produzione. Avremo anche dei corsi di formazione per i cittadini, perché l’intelligenza artificiale impatterà sulla vita di tutti ed è bene che ognuno inizi a capire di cosa si tratta. 

 Parliamo dei consumatori. E’ ormai chiaro a tutti il rapporto tra qualità dell’ambiente in cui viviamo e il nostro benessere psico-fisico. Questa consapevolezza sta influendo sulle nostre abitudini alimentari. Si privilegiano i prodotti agricoli biologici, quelli che valorizzano la biodiversità, la filiera corta o a chilometro zero, si riscoprono gusti e sapori della tradizione locale, recuperando il legame con le proprie origini. Sempre più spesso noto nei  Supermercati  persone che, inquadrando il QR code dei prodotti con lo  smartphone e l’app  YUKA, verificano la qualità e la provenienza di ciò che stanno per acquistare.

Quali sono le nuove frontiere per giungere a soluzioni innovative che curino l’agroalimentare dal campo fino  alla tavola, “Farm To Fork”, appunto,  come il nome della strategia presentata dalla Commissione Europea nel maggio 2020? 

L’intelligenza artificiale giocherà un ruolo essenziale anche nel successo di questa politica dell’Ue, aiutando i consumatori ad avere sempre più informazioni e aiutando le aziende a fornirle. Adesso il processo è un po’ macchinoso, ma grazie all’intelligenza artificiale la raccolta dati e la loro esposizione sarà un processo automatico, quasi naturale, dando la possibilità di trasformare i dati in informazioni. Una delle prossime rivoluzioni sarà quella che consentirà di ricevere le stesse informazioni che riceviamo oggi inquadrando un codice QR, inquadrando semplicemente un prodotto fresco. Un pomodoro o una zucchina, ad esempio. Grazie all’IA inquadrando un semplice ortaggio, con un’applicazione, potremo sapere come è stato coltivato, quali sono le sue caratteristiche nutrizionali, gli eventuali residui di fitofarmaci etc. E non sto parlando di informazioni generali, ma proprie di quel singolo pomodoro o di quella singola zucchina. Una rivoluzione in termini di trasparenza e informazione a garanzia della freschezza e della salubrità delle produzioni alimentari.

 Quali sono gli obiettivi dell’edizione 2024 di Agrifood Future?

Innanzitutto destare attenzione, stimolare il dibattito e provocare un cambiamento positivo nella filiera agroalimentare a vantaggio delle aziende, dei consumatori e dell’ambiente. L’evento è promosso dal sistema delle Camere di Commercio italiane che, con grande lungimiranza, si è voluto porre al centro di una grande trasformazione in atto nel sistema produttivo, per non essere soggetto passivo, ma protagonista e facilitatore. Conoscere ci dà la possibilità di scegliere, altrimenti siamo condannati a inseguire. Vogliamo che il nostro sistema agroindustriale sia in prima linea, informato e all’avanguardia in questo cambio di paradigma produttivo. E vogliamo anche che questa manifestazione, che parte da Salerno e si rivolge a tutta Italia, diventi un punto di riferimento internazionale per discutere delle problematiche e delle opportunità dell’AgriFood su scala globale.

 

 

FOTOGRAFIE A CURA DI  Maria Gabriella Alfano

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